Filone all'IKEA

Quanti filoni ho fatto nella mia carriera universitaria? Chiedo perché ho perso il conto. Troppi, sicuro.
Mi giustifico pensando che il 99% delle volte non ho fatto filone per andare a mare o a divertirmi ma son comunque rimasto in qualche aula o in biblioteca, o direttamente a casa, a studiare altro. Questo mi scagiona da gran parte dell'accusa (accusa — e vergogna — che io stesso mi infliggo, perché non so stare sereno).
Cos'è che ancora mi tormenta allora? Le bugie. Le tante bugie che ho raccontato ai miei compagni e ai miei per giustificare le assenze.

che vigliacco.

Eppure oggi ho studiato! Piú di quanto avrei fatto se fossi rimasto a casa o se fossi andato a seguire! Non basta.
Ma quanto è stata bella la giornata? Seduto al tavolino dell'IKEA con il computer attaccato alla presa come fossi un freelancer da Starbucks! E ho studiato! Ma non basta.
Quel che piú mi ha preoccupato di oggi è che questa è stata la seconda volta che mi son rifugiato all'IKEA invece di andare a lezione. Forse rifugiato è proprio il termine giusto: è un porto sicuro, con quei rumori e odori familiari, quei corridoi con le frecce a terra e quel legno finto tutto intorno.
La prima volta fu proprio un anno fa, all'inizio dei corsi del primo anno di magistrale. Quella volta non studiai, feci tre volte il giro di tutto il capannone per ammazzare il tempo. Girovagavo e, cosa strana, segnavo su uno di quei pezzi di carta che mettono su alcune colonne — con una matita che tutti rubano da quelle stesse colonne — alcuni articoli che avrei voluto comprare. Non allora, però: erano tutti articoli che mi ero ripromesso di comprare una volta avuta una mia casa.
Che fissa questa della casa. C'è chi sogna fama e ricchezza, viaggi e felicità. Io sogno una casa. Ma nemmeno! mi basta un appartamento (in centro città).

che poi, visti i tempi che corrono, forse anche un appartamento diventa fantasioso come obiettivo di vita.

Voglio un mio appartamento, un mio spazio da arredare come voglio, e da vivere come voglio io. Voglio un porto sicuro che non sia l'IKEA o qualche altro posto e, certo, casa mia in questo momento è sicura e ci sto bene ma sono limitato in termini di decisioni di arredamento e di vita. Che l'appartamento sia una metafora per intendere indipendenza? Che il mio cervello abbia così paura di chiamarla per quel che è che ha bisogno di mascherarla con questa storia della casa e dello spazio da arredare? Non so. Forse voglio semplicemente entrambe le cose e la seconda implica la prima.

Ho una nota sul telefono in cui ho raccontato di quel giorno all'IKEA, ho anche una foto di quel foglietto con gli articoli da comprare. Quelli che piú ricordo (perché sogno da prima di quel giorno) sono: piante, candele e luci da giardino (forse non è casa nè indipendenza che sogno ma una giornata alla SPA, ma lí entrerebbero in gioco altre domande). Voglio piante verdi ovunque in casa mia ma che siano piccole e verde brillante. Voglio quelle luci fatte da tante piccole lampadine attaccate ad un unico grande filo nero che si appendono e srotolano lungo un giardino, patio o terrazza, da appendere e srotolare nel mio salotto. Voglio candele profumate. E bottiglie di vino bianco. E uno stereo (anche un semplice smart speaker tipo alexa) per ascoltare musica senza cuffiette, per tenere accesa la radio lofi dalla mattina alla sera.

ma quest'erba voglio non cresce da nessuna parte.

E infatti faccio il cafone e uso il verbo all'indicativo perché è per me un monito. Devo studiare e non abbandonarmi perché ho degli obiettivi; devo prendere voti alti perché sennò posso dimenticarmele le candele profumate, le piante verdi e il resto. E lo so che non è così. E lo so che potrei anche abbandonarmi, tanto, con il tipo di professione che mi aspetta e le capacità che tengo cadrei sempre in piedi. Sarebbe semplicemente un peccato buttare tutto all'aria proprio ora.
Devo convincermi. Convincermi che, se non mi impegno, le candele riuscirò anche ad averle ma non saranno quelle profumate. Le luci in casa le avrò ma saranno quelle di brutte lampade appese al soffitto. E le piante saranno tutta terra e niente foglie. E la casa sarà piccola e con poca aria. E ho paura. E se niente andrà come immagino? Non mi piacciono le sorprese.
Non sorprendermi, futuro. Io prometto che farò la mia parte ma tu devi venirmi incontro con buone intenzioni.

In momenti come questi invidio le persone che hanno fede in qualcosa. Basterebbe affidarsi a qualche dio di passaggio e affibbiare a lui tutti i sogni, speranze, timori e colpe, e fidarsi che sbrighi tutte le pratiche necessarie. Mi servirebbe proprio, un notaio dell'anima.

perdono! per il tempo che ho perso e i rimorsi che mai son diventati riguardi.
perdono! per le polpette svedesi e le penne all'arrabbiata.
perdono! per la matita rubata.
perdono!